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martedì 11 ottobre 2011

paesaggio,addio!!!

Un tempo il paesaggio agrario marchigiano e non solo, era un susseguirsi di boschi e di coltivi, dove quest'ultimi stavano a significare campi di solito di piccole dimensioni,coltivati a colture differenziate l'uno dall'altro,e con l'assidua presenza di siepi o filari.
Il tutto, vi potete immaginare, risultava d'impatto estetico assai gradevole , ma stava anche a significare una tutela della tanto ora nominata biodiversità e dell'assetto idrogeologico,senza peraltro dimenticare la fertilità dei suoli,che con l'avvicendamento delle colture sui piccoli appezzamenti (da noi, nelle Marche del sud, venivano chiamati "quinti"termine che stava ad indicare meglio che mai le doverose rotazioni delle colture e il fatto che il podere, seppur piccolo,doveva mirare all'autosufficenza alimentare per gli umani e per le bestie,coltivando ogni anno, con rotazioni quinquennali cereali, di cui orzo e grano, legumi, erba,ortaggi...)
La frutta e l'uva per il vino,venivano sistemate in filari in mezzo ai coltivi e in particolare la vite veniva appoggiata ad un altro albero, di solito l'acero campestre o oppio, dalle mie parti chiamato semplicemente "albero", come fosse l'albero per antonomasia,e la vite , da buon rampicante si abbracciava ai suoi rami e fruttificava,tanto che io da piccola credevo fosse l'"albero" a produrre quei bei grappoli...
Tanto erano belli e tanto grazioso il loro connubio che questa pratica colturale veniva chiamata "vite maritata".
A tutt'oggi ne sono rimaste poche, pochissime testimonianze di questo paesaggio agrario che pur io ben ricordo, e non ho tutti i capelli bianchi....
Uno degli ultimi esemplari era proprio davanti alla mia casa, faceva parte del paesaggio che si godeva dalla mia finestra,è stato uno dei motivi per cui sono venuta a stare in questo posto!
Ebbene, lo vedete nella foto,é quel piccolo ritaglio di verde che resiste in mezzo ai camponi tutti arati, tutti nudi , che se viene un bel temporale,si trovano terribilmente esposti, e la sostanza organica, già ridotta ai minimi termini, finisce per andarsene ulteriormente, senza contare il rischio frane, che ogni anno incidono su quel terreno.

Bello vero? concordate!
Ebbene, è passato più di un anno dacchè Sabbatino è morto.Prematuramente.Non aveva ancora sessant' anni.Gli eredi non si interessano alla terra e l'hanno affidata ad un terzista. Per chi non è del mestiere, si capisce che è uno che lavora per conto di terzi, ma nel caso dell'agricoltura ai nostri tempi, è una vera e propria categoria: i vecchi contadini piano piano vanno scomparendo,le condizioni di vita e la struttura economica non permettono con facilità la sopravvivenza di un lavoro contadino,e subentrano queste nuove categorie professionali e sociali, i terzisti appunto, che di solito non conoscono il terreno a fondo come era per il contadino, spesso nato nello stesso podere, o se ci arrivava da grande, così come abbiamo fatto io e Carlo, si preoccupava per i primi anni di conoscere a fondo la nuova terra, imparare i punti dove c'è più o meno umidità,restare nel campo,sotto l'acqua quando piove per controllare e deviare il decorso degli scoli...
Il terzista non fa più niente di tutto ciò,e il suo lavoro è stare sul trattore, a debita distanza dalla terra,e i trattori sono sempre più alti..., non conosce lombrichi nè altri abitanti del luogo...
E soprattutto quell'appezzamento non è il suo, la storia di quella terra non gli appartiene...
Sabbatino li aveva sempre lasciati lì quei filari, posso immaginare il perchè!
Ebbene questi ultimi filari di vita maritata che abbiamo fotografato ieri, questa preziosa testimonianza di un paesaggio, di una storia, di vite ed economie scomparse, sono stati estirpati, tutto ciò non esiste più.


E fra qualche giorno sarà tutto arato. Scommettiamo?

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